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from June 2012 to June 2013: a recap

I’m, more or less, 2 months late about this recap… but it took me a loooot of time to find some will to finish it… :)

I spent 2012 testing new business opportunities, and the 1st semester of 2013 was spent refining those business model.

The startup business for ideato performed quite well, we helped a good number of startups both with advisoring and code and I became mentor for a couple of them. Sadly DraftQ shuts down, but Oltretata is, still, alive (we also participated to three edition of SMAU, won a prize and we are working on a nice pivot) and we create a new MVP for the Makers market from a Manuel‘s idea. It’s still a growing, and risky, market but I’m really enjoying it.

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Creare un ecosistema sano, è possibile.

Qualche tempo fa, durante una riunione dell’xpug romagnolo (che ora ha anche una pagina su G+), emerse il discorso sul rimanere a combattere piuttosto che emigrare. La serata, piuttosto che vergere sul classico auto compatimento è stata interessante ed ha portato a diversi punti chiave su cui lavorare. Il più importante è che se vogliamo lavorare bene dobbiamo migliorare l’ecosistema (informatico) all’interno del quale ci muoviamo.

Il (mio) ecosistema è quello dello sviluppo per il web, e nel mio piccolo sto contribuendo a migliorarlo (o almeno spero).

A conferma di quanto affermato vi spiego come è stato ripensato il modus operandi del GrUSP negli ultimi anni.

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pensieri Startup

Ha ancora senso fare (buona) impresa in Italia?

Un altro anno (di resistenza) è passato e gran parte degli obbiettivi personali fissati sono stati raggiunti, gran parte ma non tutti (il mondo non è ancora mio, non sono ricco da fare schifo e ho perso solo 10Kg dei 15 che mi ero ripromesso). Ho allargato la famiglia e la casa, ho dedicato un po’ più di tempo a me stesso studiando ed affrontando nuovi temi professionali ed ho contribuito all’organizzazione di nuovi eventi community-driven con il GrUSP sia su argomenti relativi a PHP che su temi che ho sempre vissuto come spettatore ma che mi hanno sempre affascinato.

Con ideato, nonostante la fuga di cervelli e una sempre più evidente crisi del mercato, abbiamo aumentato fatturato e profitto (anche se con risultati sotto le aspettative) e reinvestito gran parte dello stesso all’interno dell’azienda per tentare la via della realizzazione di startup/prodotti. Eppure, lavorativamente parlando, ho sempre una sensazione di amaro in bocca che non mi fa godere a pieno dei risultati ottenuti.

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pensieri Startup

Puntare ai vantaggi, non alle soluzioni

Ogni tanto mi capita di dover spiegare il business model canvas durante qualche corso o in una seduta di brainstorming ad un cliente. Ultimamente dopo aver spiegato il business model canvas introduco, a strettissimo giro di boa il lean canvas (qui una versione online). Di solito avviene quando la prima cosa che mi viene spiegata è la Soluzione che risolverà definitivamente il problema XYZ, quella con la Esse maiuscola.

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di tutto un po' pensieri

Facciamo un tech-hub a Cesena?

L’idea è venuta fuori un po’ così per scherzo durante una sessione di release planning (e mentoring) con una startup: “Perchè non creiamo un cowo dove ospitare le proto-startup e le startup che di volta in volta ci vengono a chiedere supporto nel metodo e nella tecnologia?“. Dopo 30 minuti stavamo già discutendo con il buon Brando e Nicolò per capire come aprire qualcosa tra un cowo ed un talentgarden a Cesena.

Ad oggi abbiamo trovato (proprio sopra al nuovo ufficio di ideato) un openspace da 400mq (300mq open e 100mq in sala riunione/corsi) ad un ottimo prezzo, siamo circondati da facoltà tecniche (informatica, ing. informatica, ing. biomedica, ing. elettronica, architettura ed agraria) ed umanistiche (psicologia ed scienze del comportamento) che ogni anno sfornano alcuni ottimi esemplari che poi “emigrano al nord” e possiamo fornire esperienza “sul campo” da condividere.

Quello che ci manca è un investitore (serio) interessato al progetto e feedback dai cowo che non vivono in zone popolose come Milano, Roma o Firenze. Chi è interessato?

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Lean è fare

Parlando con alcuni clienti che avevano letto “The lean startup” di Ries mi sono accorto come sia stato mal interpretato il discorso di “ridurre gli sprechi” percependolo come non faccio nulla e vedrò quello che succede con quello che ho già.

A mio parere, quello che dovrebbe essere assimilato dal messaggio lasciato dal libro è che la riduzione degli sprechi (l’essere lean) è solo una conseguenza di un’attività costante basata sul fare.

Fare MVP. Fare a/b test. Fare analisi degli stakeholder. Fare focus group. Fare pivot e scrivere nuovo codice. Fare, fare, fare!

Il fare tutte queste cose iterativamente, con critica costruttiva e guardando ai propri risultati frequentemente porterà a ridurre gli sprechi ed a migliorare il tiro facendo la scelta giusta. Il non fare invece porterà il lavoro fatto precedentemente ad essere esso stesso uno spreco non creando nessun valore.

ciuaz

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Sulla riusabilità del codice

Passando molto più tempo a gestire la (follia della) gente che sul codice ho iniziato a rivedere alcuni concetti a me cari durante la mia precedente, e forse futura, vita da sviluppatore. Uno di questi è la riusabilità del codice.

Il primo tarlo sull’argomento si è presentato quando, durante l’Agile Day di Roma, mi è stato chiesto se in ideato reinventavamo la ruota ogni volta e per ogni progetto. In quell’occasione la mia risposta, data di getto e senza pensarci troppo, fu: “utilizzeresti del codice (anche tuo) scritto 4 anni fa?“. Il principio di base è che in 4 anni la tecnologia (sul web) evolve tantissimo, ed allo stesso modo evolvono le competenze dei team, riutilizzare quindi codice obsoleto e potenzialmente legacy non fa altro che limitare le potenzialità di uno sviluppatore (riducendo in alcuni casi la qualità globale del progetto).

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È tutta questione d’abitudine…

Non so se vi è mai capitato di vedere un episodio di extreme makeover: home edition (una sorta di Pimp my House), ne ho visti alcuni episodi in quei momenti di spegnimento di cervello forzato che passano tra la cena ed il leggere qualcosa (blog, libri o fumetti).

Ogni volta rimango sbalordito di come, tralasciando l’esagerazione puramente da reality, queste persone vivano in letamai fatiscenti semplicemente accettando il fatto che “tanto è così e non ci possiamo fare nulla“.

Un giorno però un pensiero mi è balenato più o meno così nel cervello: “macchecaz saranno in 20 in quella casa, vuoi che uno di loro non possa prendere una pinza a pappagallo e chiudere il tubo che gli sta allagando la cantina da 2 anni…” tutto questo mentre osservavo le immagini di uno scantinato con 40cm d’acqua dove alcuni mobili navigavano allegramente.

Passato questo momento di stizza verso persone così pigre da rovinarsi la salute e farsi i debiti con la bolletta dell’acqua piuttosto che prendere la situazione di polso e reagire per tempo e così abituate ad una situazione tanto assurda da non farci neanche più caso, sono andato in bagno (ho fatto quel che c’era da fare) e guardando il rubinetto con appoggiato li vicino il nuovo filtro da cambiare (da circa 6 mesi) ho iniziato a prendermi a schiaffi da solo.

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C’è qualcosa di profondamente sbagliato…

Sono tornato da LeWeb con una valigia di gadget ed una di pensieri. Se la prima più o meno era aspettata la seconda un po’ di meno. Mi spiego, o almeno cerco di farlo dopo un paio di trappiste abbastanza cariche bevute in serata.

Ho finalmente partecipato ad un vero evento (non tecnico) per il (e sul) web (che comunque aveva i suoi angoli patinati dove tutti erano cool e si facevano i complimenti l’uno con l’altro o dove ceo di grosse multinazionali banfano di avere il miglior prodotto sul mercato per sicurezza e velocità) dove l’interazione con (veri) imprenditori era (finalmente) alla portata di mano (e prometto che al prossimo giro userò molto meglio Presdo).

Niente standiste gnocche e seminude che recitavano a memoria depliant, ma gente vera e con una certa esperienza che ti ascoltava, diceva la sua e cercava (veramente) di comprendere il tuo punto di vista su come è complesso lavorare su un mercato dove i prezzi sono falsati al ribasso o dove il valore portato non è realmente percepito.

Ho parlato con imprenditori che non riuscivano a capire i miei problemi perchè vivono in un mondo dove un’azienda che risolve problemi tecnici è pagata per quel che vale, senza trattative da 1 ora per spuntare pochi euro, e dove se il pagamento è concordato a 30 giorni significa che entro (e non oltre) il trentesimo giorno incassi la fattura.

Startupper e Business Angels che sono rimasti affascinati dal modo di lavorare che abbiamo scelto e contemporaneamente mi hanno “sgridato” perchè sito e comunicazione della mia azienda sono solo in italiano (se la tua azienda parla solo italiano perchè sei venuto a LeWeb?).

Tornare a casa mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca, ma niente autocommiserazione solo tanta voglia di fare nuovo e meglio e possibilmente fuori da questi confini ormai troppo stretti…

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Fare il commerciale in periodo di crisi…

Ultimamente, come ho già scritto, ho ridotto il mio effort tecnico/tecnologico in azienda per spostarmi sempre di più sull’ambito manageriale ed, incidentalmente, commerciale. Come molti di voi sapranno la mia estrazione non è, propriamente, da agente di commercio e quindi in un modo o nell’altro ho studiato, cercato di capire il mercato e come porsi ad esso in maniera convincente o, almeno, più consona alla mia indole.

Mi sono fatto un’idea di com’è e di come vorrei che fosse, idea che per il momento non condividerò ma che cercherò di spiegare durante un talk all’AgileDay ed approfondire successivamente qui.

Prima di tale data mi piacerebbe però raccogliere qualche parere in più. Quindi vorrei sapere cos’è per voi un commerciale (dal generico a quello per una azienda che vive di web) e quale dovrebbe essere il suo tratto saliente (o quali dovrebbero essere se ne avesse più d’uno) e perché. Insomma per voi un buon commerciale dovrebbe avere compentenze tecniche? O essere un grande affabulatore? O limitarsi a vendere il più possibile?

Ciuaz